
a volte come liberazione, come dolore profondo, come fallimento.
Ma a volte anche con entusiasmo.
Sembra che esista una specie di doppiezza tutta moldava, quel senso di sospensione perenne tra un qui e un altrove che sembra destinato, in quanto tale, a vivere: il moldavo è spaesato nella sua terra ed è spaesato
altrove, perché non è mai fino in fondo nel luogo in cui vive.
Radicato e straniero.
Sono l'emblema di un problema politico, i nodi di un sistema che non funziona, da lunghi decenni.
Che il mondo sia il paradiso e la Moldova l’inferno, è uno schema semplicistico di cui personalmente diffido, ma che tanti miei connozionali si ostinano a non capire.
Di tutto questo non c’è quasi traccia nell’informazione e nel dibattito pubblico.
La stampa nazionale riserva poca attenzione al fenomeno emigratorio, o perlomeno non nei termini oggettivi che rappresenta, quello che definirei con il termine “devastazione”.
Nei media la Moldova esiste come tragedia, fino a parlarne solo in termini di “problema”: si capisce che manca un vero desiderio di comprendere cos’è.
La Moldova sta perdendo la sua popolazione, specie giovane, e perde al contempo la possibilità di essere migliore.
Sorge il dubbio: forse si vuole mantenere la situazione così com’è ?
- A VeronikaP piace questo post