Alle 16:45 qui a Bender (Tighina), città della repubblica separatista di Transnistria, l’urlo lacerante delle sirene ha percorso per un lungo interminabile minuto le vie delle città a ricordo del giorno in cui ebbe inizio – era il 19 giugno del 1992 – quello che è passato alla storia come il massacro di Tighina, che ha sancito di fatto l’appartenenza della città alla ‘repubblica fantasma’,che non esiste sulle carte geografiche.
Il 19 giugno di 21 anni fa le forze russe attraversarono il fiume Nistro e occuparono, dopo aspri combattimenti la città di Tighina, situata sulla sponda occidentale del fiume.
Due anni prima, il 2 settembre 1990 era stata proclamata unilateralmente la Repubblica Moldava di Transnistria (MRT). Dopo il crollo dell’URSS nel 1991, forze armate russe restarono lungo il Nistro, ufficialmente per difendere la popolazione slava, formata soprattutto di Ucraini, Russi e Bulgari, contro qualsiasi minaccia d'integrazione alla Romania e/o all'Unione europea. Dal punto di vista russo, le vecchie repubbliche sovietiche, ad eccezione dei tre paesi baltici, erano una zona d'influenza riservata alla Russia, e ogni tendenza centrifuga era percepita come una minaccia strategica. In più l’80 % delle industrie moldave, la centrale idroelettrica di Dubasari, l'arsenale di Colbasna e fabbriche d'armamento si trovavano in questa zona.
Da marzo fino a giugno ci furono solo delle schermaglie nell'area di Dubasari ma il vero fronte fu a Bender. Il 19 giugno l'esercito moldavo attaccò da più lati e in poche ore occupò la città. Inizialmente la 14° armata russa mantenne una neutralità totale, rinchiusa nella fortezza turca di Ismail non volendo entrare nel conflitto e rifiutando addirittura di accogliere le centinaia di feriti che furono respinti. Le cose cambiarono solo dopo la rimozione del generale Netkachef e l'arrivo del comandante Lebed che cambiò strategia lanciando dei chiari segnali a Chisinau.
Nella sola Bender, in soli tre giorni tra il 19 e il 21 giugno, morirono più di 600 persone e 1000 furono i feriti. Ma queste stime appaiono oggi approssimative, e sono state ritoccate al rialzo perché non comprendono le centinaia di civili risultati allora dispersi. Un cessate il fuoco fu accettato e siglato il 21 luglio 1992.
All’interno della città regnava il caos più totale. Da una parte i soldati della 14° armata del generale Lebed che sparavano sugli edifici dove erano rintanati cecchini al soldo dei moldavi-rumeni e dall’altro, truppe di soldati moldavi-rumeni.
Oggi dopo 21 anni da quel giorno terribile, ci si interroga ancora sul destino di questa repubblica fantasma nata 23 anni, dichiaratasi indipendente in modo unilaterale, che ha conosciuto una breve e cruenta guerra due anni dopo, ma che non ha trovato ancora un consenso internazionale per una soluzione condivisa del conflitto ancora esistente con la Moldova.
Lungi da me ogni forma di retorica, ma quel sangue versato non ha ancora trovato una risposta adeguata nel senso di responsabilità di due governi che continuano ad ignorare le ragioni di un mutuo avvicinamento. E' in corso un’instancabile partita a scacchi le cui mosse vengono suggerite dall’esterno, perché la cruda verità è solo questa: non puo’ considerarsi libero ed autonomo chi è asservito economicamente (più che ideologicamente) a poteri che ne hanno garantito la sopravvivenza.
Una situazione analoga se vogliamo, anche se evolutasi in un contesto storico diverso, a quella del nostro Paese, emersa drammaticamente in questi ultimi anni, dove lo condizione di asservimento per la nostra posizione debitoria, ne ha di fatto decretato lo stato di sudditanza ai poteri forti della finanza d’Oltralpe.
Chi oggi è disposto a scommettere per una soluzione condivisa del conflitto Moldova-PMR?
il ricordo di quel 19 giugno 1992,oggi a Bender,